De Tomaso e le monoposto.
Che Alejandro De Tomaso fosse una persona ambiziosa credo sia difficile averne dei dubbi.
Che poi lo fosse anche quando le sue risorse economiche non fossero esattamente floride ci conferma (appunto) quale fosse la sua competitività.
Ci si cimentò dal 1959 al 1970, facendosi allestire dai sui tecnici e meccanici un buon numero di auto, una dozzina all’incirca, con le quali partecipò in gare di varie categorie dalla Junior alla F1 e mettendoci nel mezzo le F2 e F3.
De Tomaso e le monoposto, impiegando propulsori di varie provenienze.
Fra le case italiane degli Alfa Romeo Fiat ed Osca e pochissimi Ferrari (pare uno), fra quelli provenienti al di fuori del nostro paese dei Ford e DKW.
Una volta scelto il propulsore ed averci messo le mani ci avrebbe montato cambi da competizione, dei Colotti per lo più, salvo quelli che sviluppava e poi costruiva „internamente“.
De Tomaso e le monoposto, la cosa sulla quale però concentrava maggiormente i suoi sforzi erano sicuramente i telai.
Ci impiegava molto più tempo e risorse rispetto a quanto facesse con i motori, arrivando ad utilizzare materiali pregiati, fra questi leghe leggere di un certo livello e magnesio.
Unendo un buon telaio alle sue capacità da meccanico appassionatissimo e preparato.
Riusciva a far andare veloci anche motori che erano considerati „tranquilli“, o perlomeno che in molti avrebbero definiti difficilmente utilizzabili su piste.
De Tomaso e le monoposto, fra le foto di oggi una sua Junior.
Quella che montava un motore Fiat 1100, lo stesso che dopo essere passato dalle sue mani riusciva a raggiungere i 240 km/h.