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facciamoci due risate – la scuola vintage

facciamoci due risate la scuola vintage

Nella foto sono quello con il maglioncino nero, subito sotto la maestra

 

Tutti con il grembiule, d’estate sembrava uno di quei sacchetti da metterti intorno alla pancia per dimagrire che si vede in alcune telepromozioni, in inverno camminavi alla robocop da tanto che eri rigido per via dei maglioni che ci mettevi sotto.

Le cartelle erano tutte uguali, in classe ci entravi ordinato, volente o non volente, altrimenti con quelle scatoline di cartone avresti ucciso un tuo compagno.

Leggermente ingombranti e con quelle cinghie che, sinche’ non si ammorbidivano, ti lasciavano le stigmate sulle spalle.

Gli astucci, sembravano una cartoleria in miniatura, dovevi averci dentro le penne, i pennarelli, le matite colorate, gomme, goniometri, e quelle strane cose con lettere e disegni stampati.

La Maestra della scuola vintage, ne avevi una, spesso sembrava un ex generale della gestapo scappato dalla guerra e rifugiatosi dietro la scrivania.

La mia aveva una canna di bamboo con la quale ti lasciava, a vita, segni sul corpo.

Le classi con soffitti oceanici, grandi, con vetrate immense, in inverno ci faceva un freddo indimenticabile, in estate, se eri vicino ai vetri, con gli occhiali lanciavi raggi laser.

I compiti, con i quaderni, i tablet erano una cosa che nemmeno immaginavi, li facevi con i compagni,

Davanti al the con i biscotti o il latte con la brioscina del mulino bianco, ma li facevi.

L’interrogazione era una cosa che creava ansia, anche in piena estate, ad agosto ti preparavi per quelle dell’anno successivo.

Se la maestra ti sgridava a casa rischiavi di dover chiamare il telefono azzurro, era pur sempre la scuola vintage.

Le gite le facevi nelle aziende vicine al paese in cui abitavi o dove c’era la scuola, 40 km erano la distanza massima siderale.

L’intervallo non giocavi, facevi finta, altrimenti il generale ti menava anche li.

Quando suonava la campanella, non ho mai compreso il perche’ la chiamassero con il diminutivo, in realta’ suonava piuttosto bene, come la sirena di una fabbrica, la sentivano da casa mia che era ad almeno 4 km.

Le strade, tornavi a casa a piedi, senza troppi pericoli, di auto ve ne erano, non moltissime, meno di oggi, di semafori anche, le rotonde erano uno strano disegno di un ingegnere dell’ikea.

Il pulmino era giallo, piccolo, con le panche in legno, dure come la pietra, strette, per uscire ti preparavi almeno quattro fermate prima, senza che l’accompagnatore se ne potesse accorgere, altrimenti………

Il diario, tutti uguali, con copertine diverse, spesso usavi quello regalato ai tuoi dalla loro banca, serviva per scrivere i compiti e le note della maestra, null’altro.

La foto di classe, la foto di classe, dovevi assumere pose da museo delle cere, con il generale li a scrutarti pronto a riprenderti, istanti in cui sudavi come se avessi fatto una maratona di 25 km. INDIMENTICABILEEEEEE

La tecnologia era concentrata nella calcolatrice, la piu’ piccola pesava otto etti, occupava mezza cartella, ma chi la aveva era figo.

Le penne, indimenticabile quella cancellabile.

Peccato che se ci lasciavi sopra la mano, una volta scritto, con il sudore si cancellasse tutto, ricordo ancora quel compito in classe, una delle rarissime volte che avevo studiato.

La cattedra era su un piedistallo, talune avevano uno o piu’ scalini per accedervi, tu, tu, non potevi mai, mai, mai, varcare quel confine solo la maestra poteva farlo, era il centro del potere.

I colloqui, quante volte avevo preparato il mio sacchetto/tovaglia ripiegato e attaccato al bastone, fuggivo da mia nonna, chiedendole asilo politico.

I bidelli, tutti parenti strettissimi delle maestre, eri in fin di vita e ti dicevano che con un bicchiere d’acqua passava tutto.

Telefonavano ai genitori solo per non doversi assumere la responsabilita’ di chiamare una autoambulanza.

Dovevi andare in bagno, ahaia, era la richiesta che suscitava una tale ansia dal costringerti a trattenerti.

Se ti veniva concesso avevi al massimo un minuto e mezzo per fare tutto, altrimenti…….

La consegna delle pagelle

………………………. dovevi mettere il vestito della comunione anche con 50 gradi all’ombra, dovevi

………… era un rito, i genitori erano ricevuti come se stessero per incontrare sua eminenza il papa

……………. la maestra aveva (era predisposta, faceva dei corsi, lo ho saputo dopo) l’aspetto piu’ truce mai assunto prima.

Bhe dai, e’ stato comunque bello, ricordi indimenticabili……….