Il design radicale degli anni 60.
Caratterizzato da una forte crisi, l’impennarsi dei costi delle materie prime e il prezzo del petrolio alle stelle.
Quando era diventato così importante per far funzionare quei macchinari e produrre un suo derivato, la plastica, passando quasi repentinamente da un certo entusiasmo e relative speranze del decennio precedente, ad uno che alla fine (forse banalmente) potrei definire come l’anticamera del decennio successivo, gli anni 70 e quelle forti lotte.
In taluni casi le plastiche furono sostituite con i legni e/o materiali di sua derivazione (laminati).
Che potessero dare l’idea del legno pieno; visto che per molti diventò un costo non indifferente; con le poche novità delle schiume poliuretaniche, che in molti iniziarono ad usare sfruttandone le caratteristiche per poter “stupire” e ideare prodotti completamente nuovi.
In quegli anni il tasso d’inflazione raggiunse livelli impensabili prima.
Fu abbandonata la politica sul contenimento retributivo sulla spinta dei sindacati, con lavoratori e studenti tumultuosi nelle piazze e con loro anche alcuni designer e „intellettuali“, seguendo una ribellione legata alla contestazione di massa che prese origine d’oltreoceano, poi propagatasi in Europa ed arrivando anche in Italia.
Il design radicale degli anni 60, ricorderei sin da subito alcuni fra quei designer che proposero cose completamente diverse.
Mario Bellini https://www.designindex.it/designer/design/mario-bellini.html.
Joe colombo .
Enzo Mari https://www.domusweb.it/it/progettisti/enzo-mari.html.
Ugo La Pietra https://ugolapietra.com/.
Gaetano Pesce https://www.elledecor.com/it/people/a22136539/gaetano-pesce-biografia/.
Un designer che abbiamo già visto in parte la settimana scorsa, Ettore Sottsass Jr.
L’oggetto doveva essere il più funzionale e „diverso“ possibile, pratico ed utilizzabile da tutti ma staccandosi completamente dalle idee e posizioni precedenti, anche quando quei prodotti finirono per essere destinati ad una ristretta cerchia di persone, gli intellettuali del periodo.
Fu netta la separazione fra quello che un oggetto doveva essere rispetto a quello che doveva rappresentare.
Una sedia od una poltrona iniziarono ad essere proposte in un modo completamente diverso, sia per le forme che per i materiali; comoda o scomoda che fosse o di Fantozziana memoria magari; ma con un chiaro messaggio.
Il design radicale degli anni 60, quando non fu più „unitario“.
L’obsolescenza delle forme passate, spesso definite quasi primitive, vedeva una sedia senza una forma esatta sostituire quella con quattro gambe ed una seduta rigida che per molti era troppo „standardizzata“.
Ho un chiarissimo ricordo di come io da adolescente ne avessi giudicate alcune come delle „stramberie“.
Senza approfondire troppo, lasciandomi far prendere da immagini guardate per lo più di sfuggita, solo in anni recenti ho provato a comprendere meglio il „Design Radicale“ e che importanza abbia avuta negli anni successivi, fu il periodo in cui fu segnato un nuovo percorso, fatto di idee e progetti completamente nuovi.
Allora convincendomi subito ed erroneamente che in tanti casi fossero „“solo““ una sorta di “polemici rivoluzionari” che andavano contro tutto e tutti, seguendo un’onda e/o per partito preso, per fortuna ho capito quanto mi fossi sbagliato.
La Kar-a-Sutra con interni molto imbottiti ed una presenza di vetrature ampia, di Mario Bellini.
Fu una concept italiana con una nuova definizione degli spazi che dovevano anche essere molto modulabili, cosa che avremmo visto qualche anno dopo con la Renault Espace, ricorderei anche Gaetano Pesce (arte industriale) e la sua poltrona in PVC, che veniva consegnata sottovuoto (Transformation Forniture) ed una volta tolto l’imballo oltre a gonfiarsi assumeva forme non consuete.
Per chi ne condivideva le idee il design non poteva più essere solo la conseguenza di studi e nozioni apprese ed impartite da scuole, ma il potersi esprimere liberamente e con il minor richiamo possibile al passato.
Il design radicale degli anni 60, le proporzioni, le linee, la progettualità, l’interazione dei materiali e il loro poter essere impiegati in un certo modo (progettuale e produttivo) quasi scomparvero.
Presentandosi una nettissima divisione, fra quei designer e le aziende che continuarono a realizzare un certo tipo di oggetto, penso sia ovvio che le produzioni non potessero fermarsi, come per per un certo lasso di tempo siano state solo alcune a rivedere le proprie linee.
Il design radicale degli anni 60, oggi ho voluto inserire nella mia carrellata di fotografie molte più auto rispetto alle due domeniche precedenti.
E credo e spero Tu possa notare quanto alcuni dei prototipi proposti fossero kitsch, esagerati mi permetterei di pensare e scrivere, in netta contrapposizione con altri o molto innovativi o in taluni casi più „classicheggianti“.
Si voleva e poteva stupire.
Le auto a missile e con assurde appendici aerodinamiche non mancavano, i designer e le case costruttrici in molti casi finirono semplicemente col seguire quell’onda, anche quando molti di quegli esemplari fossero molto più di altri destinati a rimanere un esemplare unico.
Il design radicale degli anni 60, se in Italia (per fortuna) non abbiamo raggiunto certi eccessi in quel volersi distinguere.
Questa „“confusione““ ha portato una conseguenza che nei decenni immediatamente successivi ha dato certi risultati positivi, l’indipendenza del nostro design e quel suo volersi staccare di netto da quello che secondo molti si ispirava ad altri, facendolo diventare molto più “indipendente”.
Non importa se un dato oggetto fosse rimasto l’unico prodotto o in serie iper limitata, molti dei nostri designer vollero „staccarsi“ completamente da idee ed influenze del passato, ed oggi in tanti sono diventati protagonisti di collezioni ed aste importanti.
Ecco che allora quando io ricordo o penso al design di quegli anni cerco sempre di non farmi coinvolgere.
Dai racconti fattimi da parenti o amici di famiglia, cercando di capire che certi credo politici non possano farmi disconoscere l’importanza di certe scelte, fatte in netta contrapposizione e con il rischio di sentirsi isolati o “trincerati” in un gruppo ristretto”, sapendo che economicamente non fosse sempre la scelta migliore, ma convintamente e coerentemente proseguendo.
Salvo quei rari casi in cui certi artisti divennero famosi e riconosciuti proprio grazie a quel loro essere “”diversi””.
Ma per fortuna gli anni passano ed insegnano qualcosa.
Ti fanno capire che il decennio ‚60 sia stato quello che ha dato un sensibile contributo a farci diventare quello che siamo oggi, del come e quanto il nostro design e i suoi esecutori abbiano influenzato tutti i successivi e siano sempre così ricordabili ed apprezzati.
Il design radicale degli anni 60, senza mai però disconoscere il bel lavoro fatto nei decenni precedenti.
Gli anni ‚40 così significativi per un nostro rilancio dopo un periodo difficile, senza quel percorso quello che ne è seguito non sarebbe mai potuto essere nemmeno pensato, un decennio in cui emersero nomi “stellari” nel mondo del design e con alcuni fra i loro prodotti divenuti degli assoluti simboli del design.
Decennio ’60.