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Arese e la Alfa Romeo, la cattedrale produttiva

Arese e la Alfa Romeo, lo stabilimento che fece crescere e conoscere il marchio.

La Giulietta fu un grandissimo successo per la Alfa Romeo.

Con una produzione che durò per dieci anni e per un modello che rimase pressoché immutato.

La prima versione era una coupé (Sprint) a due posti, nel 1955 arrivò la versione berlina progettata però dal Centro Stile Alfa Romeo.

Fu proprio quest’ultima a “costringere” la casa del biscione a rivedere i suoi piani, facendola definitivamente diventare una grande industria.

Arese e la Alfa Romeo in una “vecchia” foto.

La Alfa Romeo conquistò il secondo posto in Italia per volume di produzione.

da quel modello di successo derivarono altri motori a quattro cilindri, tutti legati da forti analogie architettoniche, ma più potenti e docili.

Erano anni difficili le auto di grossa cilindrata erano colpite da tasse e gabelle molto elevate, cosa che spinse i tecnici dell’Alfa Romeo a produrre un motore da 1750 cc.

E fu proprio la genesi e produzione di quest’ultimo motore a far sentire il forte bisogno di un rinnovamento degli impianti, seguito anche da un importante ampliamento degli spazi produttivi.

Arese e la Alfa Romeo, serviva un nuovo polo produttivo.

Ed ecco così il nuovo stabilimento dotato di macchinari completamente rinnovati ed ampliati, vide la luce in tempi brevissimi.

Con lui anche un’altra importante struttura, dedicata alle prove su strada dei modelli che sarebbero entrati in produzione (un autodromo privato), Balocco. 

Poi utilizzato anche per testare i prototipi e le vetture da competizione, oggi la sede per la presentazione dei nuovi modelli e per alcuni raduni promossi da appassionati.

La voglia di crescere e migliorarsi son convinto abbia avuto il suo miglior sviluppo in quel periodo, con due strutture di alto livello. 

Balocco in una foto dall’alto.

Oltre ai successi commerciali, nello stesso periodo era stato fatto un accordo con la Renault.

Per il montaggio e la distribuzione in Italia della utilitaria Dauphine, alla cui cessazione vennero comunque rinnovate le intese per la distribuzione dei veicoli commerciali di taglia media.

Nel 1971 arrivò anche la nuova 2000, con un motore da 1962 cc, un’auto direttamente derivata dalla 1750.

L’anno successivo, nel 1972 in primavera, la nuova Alfetta, che ripropose il ponte De Dion con cambio e differenziali sul posteriore.

La forte domanda di nuovi modelli costrinse l’Alfa Romeo a spostare la produzione anche in altri stabilimenti, come quello di Pomigliano d’Arco dove veniva prodotta la Alfasud.

Un impianto ottimamente collegato con le principali vie di comunicazione, ferrovie comprese.

Arese e la Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi ci aveva visto bene.

Quando capì che fosse necessario un nuovo stabilimento, quando oramai il Portello non era più sufficiente.

Ma qualcosa di fragoroso iniziò a colpire il tessuto produttivo italiano.

I problemi sindacali “scoppiati” nel sessantotto, con scioperi e manifestazioni spesso dure, videro fra i protagonisti anche gli operai di Arese.

Il nuovo e vasto impianto produttivo assunse, dopo le molte proteste e manifestazioni sindacali, l’appellativo di Cattedrale dei Metalmeccanici.

Ma Arese continuò ad essere lo stabilimento più importante, e nonostante gli scioperi e la crisi petrolifera che ne ridussero di molto la produzione dei modelli più sportivi.

Tanto che nel 1982 con quasi 19.000 dipendenti e quattro modelli di auto prodotte, Alfetta, Nuova Giulietta, Alfa 6, Alfetta GT-GTV, raggiunse (molto probabilmente) il suo periodo più florido.

Arrivando al 1986, una data considerata drammatica dagli appassionati.

La cessione dall’IRI al gruppo Fiat, cosa che ebbe come immediata conseguenza un forte ridimensionamento.

Sulle cifre e le modalità si è scritto di tutto, ciò che per me resta il vero punto è che siano state licenziate e messe in difficoltà migliaia di persone con le loro famiglie, e il marchio del Biscione ne abbia avute pesanti ripercussioni. 

Da 19.000 a 16.000 i dipendenti, molti dirigenti furono “epurati”, molto del potere decisionale venne spostato a Torino direttamente in casa di “mamma Fiat”.

Dopo solo un anno dall’acquisizione seguì un periodo molto difficile, in molti ricorderemo l’ulteriore cassa integrazione per molti lavoratori dello storico stabilimento.

Da 16.000 passarono drasticamente a quasi 6.000.

La fabbrica continuò con la produzione della 164, e della 75, poi proseguendo con la 155 l’erede della 75, che come sappiamo venne poi spostata nello stabilimento di Pomigliano.

L’oramai ex stabilimento Alfa Romeo venne riconvertito per la produzione anche di alcuni modelli Lancia, diventando la linea di montaggio della Y10.

La nuova 166 veniva assemblata nello stabilimento Fiat di Rivalta, deludendo chi si aspettava che la sostituta della 164 venisse prodotta ad Arese.

Arriviamo agli inizi degli anno ’00, con le GTV e le Spider.

Con una produzione che durò pochissimo, spostata quasi subito negli stabilimenti della Pininfarina.

Di quell’importante stabilimento, quello che aveva reso l’Alfa Romeo la seconda azienda per volume di produzione in Italia, era mestamente rimasto ben poco.

Ridotti ancora una volta i dipendenti cosi come gli uffici amministrativi e dirigenziali, ancora per poco lì rimase il Centro Stile Alfa Romeo trasferito a Torino poco tempo dopo.

Arese e la Alfa Romeo, nel 1989 un’altra pesante scure venne scagliata sullo stabilimento.

un gruppo di cittadini, autorizzati da un giudice costrinse ad abbassare drasticamente il numero di auto verniciate ogni giorno.

In breve tempo si passò da 800 esemplari verniciati a soli 400, la botta finale che ridusse al minimo le speranze che potesse continuare, per una struttura di quelle dimensioni erano un numero sin troppo esiguo. 

Nella foto sotto il Museo Alfa Romeo di Arese. 

Tutto questo portò ad un’unica conseguenza.

La fine di Arese, con lo stabilimento venduto nel 2002 agli americani di AIG Lincoln.

Oggi dove venivano costruite fra le più belle e veloci Alfa di sempre c’è un centro commerciale.