Pegaso eléctrico.
Nel 1952 ed eravamo in Spagna, con tre soggetti protagonisti.
Nello stesso periodo (più o meno) in cui venne nazionalizzata la Hispano Suiza dall‘INI (Istituto Nacional de industria), con la creazione della ENASA (Empresa Nacional de Autocamiones SA).
Cosa „spinta“ dal governo centrale con un decreto del 1940.
Promosso vista la forte e sempre crescente richiesta di mezzi pesanti per il trasporto di cose, la stessa che aveva stimato il fabbisogno nazionale in almeno 15.000 esemplari annui, si stava cercando di uscire da un dopoguerra “segnante””.
Venne pensato per la produzione nazionale di furgoni e camion e bus.
Che potessero risolvere i problemi sentiti dagli autotrasportatori nazionali, gli stessi che erano „costretti“ da tempo ad acquistare (nella maggior parte dei casi) mezzi prodotti in altri paesi.
Prima della acquisizione la Hispano Suiza aveva già proposto il 66 G diesel.
Con un telaio industriale da sette tonnellate, proprio quello che „voleva“ quel decreto, cosa che credo abbia dato un certo contributo nel decidere di acquisirla e solo dopo creare un nuovo marchio.
Una curiosità: nello stesso periodo si vociferava su una sorta di „fusione“ con la nostra Alfa Romeo, prima appunto che arrivasse l’INI.
A guidare il team per lo sviluppo del Pegaso Electro c’era Guillermo Menéndez de Aulestia, un ingegnere militare che ci aveva già provato con la versione (sempre elettrica) di un camion della Autarquia (un marchio creato qualche anno prima).
Pegaso eléctrico, nuovo il marchio utilizzato.
Ovvio che i modelli presentati derivassero (quasi tutti) dai precedenti, per ricordarne il più noto il Pegaso MKI e MKII (1947) che a sua volta derivava strettamente dall’Hispano Suiza 66G e D (benzina e diesel).
Cosa particolare era che la maggior parte dei modelli erano venduti con la motorizzazione a benzina, almeno sino al 1949 quando con il Pegaso II Z202 arrivò la versione diesel, in quel periodo erano evidentissimi i problemi nel reperire carburante, ecco il perché pensarono ad una versione elettrica dotata inizialmente di accumulatori SOVEL (Societé de Vehcules Eletriques Industriels – FRANCIA).
Pegaso eléctrico, eravamo agli albori della propulsione elettrica.
Specie considerando il notevole peso delle batterie che erano montate tra gli assi (sul lato), portando ad un incrementi di peso nell’ordine di quasi 1200 chilogrammi, cosa che ne avrebbe sensibilmente ridotta la capacità di carico (sei tonnellate).
Il resto della componentistica, freni compresi, rimasero quelli della versione dalla quale derivava, avrebbe raggiunta una velocità massima prossima ai 30 km/h contro gli oltre 70 della versione diesel, con una autonomia di (circa) 70 chilometri.
Si passava da una potenza massima di 125 CV (per il diesel) ai solo 14 per il Pegaso eléctrico.
Per un mezzo che tutti ci immaginiamo impiegabile su lunghi tragitti, l’autonomia era si ridottissima e la potenza (apparentemente) lontana da quella dei modelli a propulsione termica, pochi cavalli che (però) gli avrebbero permesso di svolgere egregiamente il suo compito, le 48 celle corazzate da 600 AH si ricaricavano in (circa) cinque ore ed erano garantite per 900 cicli di ricarica, l’autista aveva sul cruscotto un indicatore.
La Enasa era specializzata nella produzione di camion.
Trattori, autobus, veicoli pesanti di vario genere blindati compresi, per un certo periodo (breve) anche di auto sportive con linee molto particolari.
Mantenendo la produzione sino ai primi anni ’90.
Quando l’INI sembrava avere già un accordo con il Gruppo Daimler-Benz e la Man che sembrava dovesse subentrargli, finendo invece con l’essere assorbita dalla nostra IVECO con la quale già collaborava da qualche anno.
La gestione IVECO ne fece proseguire la produzione sino a luglio del 1994.
Quando uscì dalla fabbrica l’ultimo Troner, per i successivi due anni continuò comunque la produzione e vendita die camion militari con il marchio.