Santa Lucia – ricordi infantili.
Domenica prossima sarà il 13 dicembre.
Ancora oggi a quasi cinquant’anni ci penso e le ricordo tutte senza mai dimenticarmi delle tante emozioni, forse anche perché quando ero piccolo nella mia famiglia era una ricorrenza importante e sentita anche dai parenti ed amici di famiglia.
A scuola con i compagni si discorreva spesso sui cosa ci saremmo aspettati, con desideri molto diversi e spesso legati alla condizione sociale di ognuno di noi.
Già, si passava da Santa Lucia sontuose a quelle molto meno.
Si passava dal figlio del benestante a quello di chi faticava a mettere il pane sulla tavola, ora non voglio fare l’Alberoni della domenica non ne ho la benché minima intenzione, ma altrettanto non posso dimenticarmi le facce di quei compagni delle elementari quando i giorni seguenti gli altri portavano in visione i ricchi arrivi.
Santa Lucia, non sono mai stato un bambino pretenzioso.
Pur venendo da una famiglia che altri definivano borghese, senza problemi per farla semplice, ma per una mia „etica infantile“ non ho mai preteso oltre quello che mi veniva dato, sono assolutamente convinto che fosse abbondantemente sufficiente, senza dimenticarmi come già scritto altre volte che avessi una ulteriore fortuna, l’avere come vicine di casa delle „““signorine“““ che non avendo parenti se non pochissimi, erano sempre sempre estremamente generose.
Io le Santa Lucia le ho sempre vissute come un evento.
Prima di tutto per la sublime attesa che le ammantava, la gioia nell’alzarsi la mattina e trovare sul tappeto grande della sala tutti quei dolci e giocattoli, facendolo insieme a mia sorella ed ai miei genitori.
Ricordo un anno in cui non riuscivo a prendere sonno sentendo dei rumorini e vociare nemmeno troppo dimessi, per scoprire decenni dopo che in quella sala ci fossero i miei genitori ed un carissimo zio, erano intenti a montare e tentare di far funzionare quel trenino della Lima che non voleva saperne di partire.
Era uno di quelli le cui locomotive avevano i fari che si accendevano e non funzionavano nemmeno quelli, per fortuna il proprietario del negozio di giocattoli era un nostro vicino di casa, nonostante l’ora arrivò a soccorrerli 😉 😉 .
Santa Lucia, mi 😉 😉 😉 😉 divertivo come un pazzo a terrorizzare mia sorella.
Stai attenta che se cerchi di scoprirla la Santa ti butta la cenere negli occhi e diventi orba, lei 😉 😉 😉 piangeva come una disperata quando la notte precedente le tiravo le coperte che lei (per precauzione) si era messe ben oltre la fronte, o come quella „sera prima“ che sentendo un leggero ansimare si fosse preoccupata, io da perfetto bastardino le dissi che fosse la santa trafelata dalle troppe consegne, invece era il nostro cane Melampo che aveva appena fatta la passeggiata con il papà.
E come potrei mai dimenticarmi delle varie interpretazioni della Santa Lucia viste in una piazza.
Quelle che fra il loro abito e quel mesto carretto con legato davanti un asinello, avrebbero terrorizzato anche il bambino più tosto 😉 😉 😉 ????
Ne ho una foto drammatica 😉 😉 ;), la stessa che avrei utilizzata per chiamare il telefono azzurro quando mi fecero sedere sulla schiena del caro animale, aveva un vestito da incubo ed indossato nella giornata più uggiosa che ricordi, erano le 18.00 poi per dire.
Santa Lucia e sempre una di quelle carissime signorine vicine di casa.
Loro per farci felici passeggiavano intorno alla casa e sul pianerottolo, con nelle mani dei campanellini che facevano tintinnare vigorosamente volendo essere certissime che li sentissimo, l’indomani saremmo andati da loro trovando un altro di quei grandi tappeti di rappresentanza nella loro bella sala, con altri e tanti dolci e come quella volta con la macchinina a pedali bianca.
Santa Lucia, quando suonava sempre il telefono di casa.
Quello grigio con la rotella bianca ingiallita dagli anni, ciao nonna, ciao zio e zia, il papà estraeva la Alfa Romeo dalla autorimessa ed iniziava la processione verso altri tappeti e salotti, una volta all’anno e mi bastava ed avanzava per tutto il successivo, anche perché ho sempre avuti un certo rispetto e considerazione per quei regali, spessissimo conservandoli sino a quando altri non decidevano di darli via.
Quando andavo a scuola prendevo con me molti di quei dolci, desideravo condividerli con i miei compagni, era diventata una consuetudine e ci tenevo molto.
Non vedevo l’ora di tornare a casa per far andare quel trenino, facendolo correre sotto quella galleria verde in polistirolo e poi far fermare nella stazioncina del paese, fingendo di prendere il the con mia sorella dal suo set appena arrivato, con vicino il nuovo ospite un cicciobello.
Detestavo quella bambola per via di una espressione che trovavo inquietante.
Una sera lo coprii con un telo molto scuro e lo misi in fondo al letto di mia sorella, con una piletta lo illuminavo muovendo velocemente il polso, ad un certo punto si svegliò e tirò un tale urlo da far bussare alla porta dei vicini, mio padre non sapeva se continuare a ridere o darmi una bella pappina.
Ancora oggi è una ricorrenza che sento ed aspetto, non mi interessa che mio figlio sia già grande e voglia farsi passare per più adulto rispetto ai suoi quasi 16 anni.