DINO e dannatavintage.com.
Fonti quattro datate pubblicazioni, quasi tutte edite alla fine degli anni 60 primissimi ’70.
1957.
La denominazione data dalla Ferrari ai suoi motori da competizione sei cilindri a V, che in seguito contraddistinse una certa serie di vetture.
1966.
Dal “solo” nome impresso sui motori ad una marca vera e propria.
Con una limitata produzione di automobili affiancata a quella della stessa Ferrari per le grandi cilindrate, con due marchi ben distinti ed entrambi capaci di identificare auto sportive.
Dal 1966 al 1962.
Periodo che vide quel nome comparire su due modelli prodotti dalla FIAT e dotati di motori 6V progettati dalla Ferrari.
DINO, Alfredo Ferrari.
Il diminutivo con cui l’ingegnere Alfredo veniva chiamato, nasceva nel 1932 e sin da giovanissimo iniziava a studiare e provare a sviluppare dei motori, specie quelli per le competizioni.
Convinto sostenitore dei sei cilindri con disposizione a V, fra gli obbiettivi che si pose sin dai primi anni cinquanta il riuscire a raggiungere il limite dei 100 cavalli per litro.
Nel 1956 progettò un suo sei cilindri a V che poteva sviluppare sino a 150 cavalli ma non riuscendo ad ultimarne lo sviluppo, visto che in quello stesso anno perì stroncato da un male incurabile, Enzo Ferrari profondamente scosso si trovò sul punto di abbandonare l’attività, riuscendo a trovare nello sviluppo di quel motore, terminarne lo sviluppo e la messa a punto, una ragion di vita e un tributo per l’amato figlio.
1957 e il 1.500 cmc 6 V.
Con il nome Dino stampato in rilievo su entrambe le testate, un motore capace di sopportare regimi rotazionali piuttosto elevati, veniva montato su alcune monoposto per la Formula 2 ottenendo un certo riscontro.
Le Formula 1 montavano motori da 2,5 litri, le monoposto della Ferrari propulsori otto cilindri a V di 90° provenienti dall’ex reparto Corse della Lancia.
Nel 1955 la Lancia che stava attraversando uno dei suoi periodi più duri cedeva a Ferrari le sue GP 8V di 2,5 litri, la casa di Maranello modificò quei motori che permisero a Juan Manuel Fangio di conquistare il suo quarto titolo mondiale nel 1956.
Nel 1957, dopo alcuni buoni riscontri a Maranello decisero di sperimentarlo sulle monoposto da Formula 1, portandone le cilindrate a 1.800 e 2.100 cmc.
I risultati furono molto positivi.
Decisero di incrementarne ulteriormente la cilindrata portandola a 2,5 litri, convincendosi che i precedenti motori 8 V derivati da quelli Lancia potessero essere egregiamente sostituiti.
1958.
Al Gran Premio d’Argentina schierarono tre monoposto dotate del nuovo motore Dino da 2146 cmc (il Tipo 246) impiegandolo in gara per i due anni successivi.
Mike Hatworth alla guida di una derivata 6V Dino si aggiudicava il mondiale nel 1958, lo stesso motore che vide conquistare il titolo a Phil Hill nel 1961.
DINO 1959 e il mondiale “conduttori”.
La Ferrari con un sei cilindri a V 2,5 litri DINO con quattro alberi a camme in testa che nella sua ultima versione riusciva ad erogare ben 300 cavalli a 9.000 giri/minuto, i piloti Phil Hill, Tony Brooks e Jean Behra.
Fra gli antagonisti:
Aston Martin con una nuova monoposto con telaio a traliccio, freni a disco e motore con sei cilindri in linea.
BRM i suoi piloti Bonnier, Flockhart e Schell ancora con il quattro cilindri da 260 cavalli.
Lotus i cui piloti erano Graham Hill e halford, motore il quattro cilindri Coventry-Climax da 250 cavalli (circa) e soli 480 chilogrammi come peso.
Cooper i suoi piloti Stirling Moss, Jack Brabham e McLaren, Trintignant e Salvadori, con tre motori differenti Conventry-Climax Maserati e BRM, risultando sempre e comunque la più leggera di tutte.
Esordiva l’americana Scarab, con il suo quattro cilindri in posizione orizzontale e desmodronico.
1960.
Stavano cambiando ancora una volta i regolamenti della Formula 1 prevedendo per l’anno successivo una cilindrata massima di 1.500 cmc, sul circuito di Monza la Casa del Cavallino fece correre una monoposto con un motore da 1,5 litri.
1961 e la 156.
1.500 cmc 6 cilindri, montato sull’auto che vinse il mondiale di Formula 1 con Phil Hill, i motori Dino ma con cilindrate diverse furono montati su vetture Sport Prototipi con cilindrate diverse, 2, 4 2,7 e 2,9 litri.
Targa Florio con una 246 P condotta da Von Trips , Ginther e Gendebien che vinse, riuscendo a sconfiggere la Porsche di Moss data come assoluta favorita per quell’importante e dura competizione.
1962 la nuova versione da 1.900 cmc V6.
Montato su una nuova auto per la Categoria Sport e siglata 196 S, con Ludovico Scarfiotti vinse il Campionato Europeo della Montagna.
DINO 1965 la rinascita e il definitivo rilancio.
Quando la CSI annunciò che nel 1967 la cilindrata delle monoposto da Formula 2 sarebbe tornata a 1.500 cmc e la Formula uno sarebbe passata da 1.500 a 3.000 cmc.
Per le monoposto da Formula 2 un ulteriore “vincolo”, il motore oltre a poter avere al massimo sei cilindri DOVEVA essere derivato da quello montato su una vettura omologata nella Categoria GT.
Le Ferrari non da competizione, le 3 litri 250 GT Export ed Europa, la 410 Superamerica, le 275 GTS e GTB conservarono il motore montato sull’anteriore, solo la 206 Dino 6V nella sua versione non da competizione del 1965 montava posteriormente il propulsore.
Enzo Ferrari provò a fare di quel vincolo un’opportunità.
Costruire un prototipo da competizione dal quale ricavare subito una vettura di serie per poi svilupparci un motore per la Formula 2, nasceva la DINO 166 S che fu anche la prima vettura a non avere quel marchio solo sul propulsore.
1578 cmc la sua cilindrata 6V montato posteriormente, a testarla due piloti del calibro di Bandini e Vaccarella che dal mese di aprile e sino a giugno la guidarono in molte sessioni per lungo tempo.
Sul circuito del Nurburgring si fece subito notare, peccato che per via di un guasto meccanico fu relegata al quarto posto, con i commissari dubitare che una 1.600 potesse andare così veloce, ma dopo i controlli anche loro non poterono che restarne piuttosto stupiti e colpiti.
Scarfiotti con la nuova versione portata a 2,0 litri e spider (la 206 S) vinceva ancora il Campionato Europeo della Montagna.
Ferrari e l’accordo con la FIAT.
I 500 esemplari prodotti necessari per l’omologazione sembrarono non raggiungibili, troppo poco il tempo per lo stabilimento di Maranello per produrle e poi riuscire a venderle, ecco arrivare in suo soccorso la FIAT che con i suoi stabilimenti ben più grandi ed una rete di concessionarie garantiva un risultato più immediato e sicuro.
1966 Salone dell’Auto di Torino.
Allo stand FIAT la nuova Fiat Dino, spider con motore da 2,0 litri 6V bialbero.
Contemporaneamente la SEFAC- Ferrari presentava la DINO come marca autonoma, esponendo la 206 GT disegnata dalla Carrozzeria Pininfarina dotata di un 2,0 litri montato sul posteriore 180 cavalli e 235 chilometri orari.
1967 la Fiat Dino spider in versione definitiva.
Entrava nel listino ufficiale la Spider da 2,0 litri 160 cavalli e 210 km/h, affiancata dalla coupè che ne condivideva la meccanica ma il cui disegno era opera della Carrozzeria Bertone.
In quello stesso anno, finalmente e dopo un periodo non breve fra modifiche e messa a punto, vedeva la luce il nuovo motore da montare sulle monoposto per la Formula 2, peccato che nei primi test il nuovo propulsore non diede i risultati attesi.
1969 Il motore della 206 GT vide un incremento nella cilindrata.
Portato a 2,4 litri 195 cavalli e 240 km/h diventando la nuova 246 GT, le FIAT DINO montavano lo stesso motore.
La produzione della 246 proseguì sino al 1973 visto che sul mercato l’auto trovò un certo seguito , venne poi sostituita dalla 308 GT 4 da 3,0 litri otto cilindri a V da quattro posti e 250 km/h.
La versione carrozzata da Bertone:
non montava un 6 V pur mantenendo ancora la denominazione di DINO, auto che si vide per la prima volta al Salone di Parigi nel 1973.
Auto e nomi nel mito.