Carrozzeria Vignale.
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Siamo nei primi anni 60.
Con la città di Torino veder espandere le sue aree industriali vicine e non da 15 20 anni, sulla strada in direzione di Grugliasco; nel West-End della carrozzeria Torinese; su uno dei più grandi (anche) da lontano si riusciva a leggere Vignale.
Si sviluppava su un’area di 39.000 metri quadrati di cui 24.000 coperti e divisi in cinque grandi capannoni, con vicini altri due fabbricati uno per i servizi e l’altro per la dirigenza ed i progettisti.
Fra i soci Angelo Balma seguito alla morte dal figlio Giovanni, i fratelli Guglielmo esperto in verniciatura e Giuseppe che si occupava dell’amministrazione.
Vanno ricordati i rinforzi alle strutture scatolari, i padiglioni con intelaitura in tubi d’acciaio e tutti gli altri accorgimenti pensati e sviluppati negli anni per confermare l’indeformabilità dei suoi telai, il suo datato marmoraio dove disegnava le sue auto. Sin dagli inizi propose carrozzerie molto aerodinamiche con padiglioni sensibilmente ribassati, parti estetiche in metallo cromato e due peculiarità che leggeremo poco sotto.
1946 Vignale l’amico Balma ed una Topolino scassata.
Il Sig. Alfredo si era appena trasferito nella nuova e piccola officina dove iniziava a svolgere la professione di meccanico generico quando un giorno entrava una vecchia Topolino con la carrozzeria semidistrutta presa in cambio con una motocicletta.
Gli serviva una vettura per spostarsi o ritirare i pezzi di ricambi dalle aziende meno vicine, un mezzo di servizio che l’accomandatario Vignale e l’accomandante Balma presero per quegli scopi, le pregresse esperienze presso la Carrozzeria Farina spinsero il Sig. Alfredo a montarci una nuova carrozzeria interamenta mettallica in lamiera d’alluminio.
Ma torniamo al nuovo stabilimento ed i suoi magazzini con il più grande quello in cui arrivavano i telai e venivano subito accatastati in un ordine preciso, per poi essere spostati nel reparto delle carrozzerie e dei motori e fare il “matrimonio”, le auto quasi ultimate venivano spostate nel reparto finiture (selleria e verniciatura).
L’importante Carrozziere italiano si era trasferito.
Dalla precedente e più ridotta sede di Via Cigliano fondata nell’ottobre del 1946, passava da “piccola attività” ad avere una riconoscibilità da industria visto i nuovi macchinari e i molti collaboratori.
Alfredo Vignale classe 1913 da ex operaio specializzato partiva da artigiano tuttofare.
Come avremmo sentito definirlo in quegli anni quando sul telaio di quella Topolino nel 1948 riusciva a realizzare; nonostante i pochi mezzi finanziari; la sua prima carrozzeria, auto che finiva nella mani di un inglese ed essere illustrata dalla rivista Autocar che la attribuiva alla Stabilimenti Farina.
Un equivoco che gli fece cogliere al volo l’occasione per poter diventare sul serio un carrozziere.
L’artigiano che iniziava a lavorare come apprendista presso gli stabilimenti Farina.
Lavorandoci con il padre Francesco e il fratello Eusebio, diventando un capace battilastra esordendo a soli diciassette anni e diventandone negli anni il responsabile del reparto, a trentacinque anni decideva di mettersi in proprio nel primo dopoguerra.
Passava un anno da quella Topolino quando al Concorso di Eleganza Città di Torino nel 1947, la sua Fiat 1100 Cabriolet arrivava seconda e per molti rimase quella più “imparentata” con le linee degli Stabilimenti Farina, partecipava al Salone dell’Auto nel 1948 presentando auto realizzate su telai Fiat e Lancia.
Nel 1949 il Gran Prix d’Europa a Juan-Les-Pins, la Fiat Abarth 1100, la Spider Cisitalia, una cabriolet su Lancia B/10, nel 1950 quando realizzò una piccolissima serie di vetture da competizione arrivava la Ferrari Mille Miglia affermatasi negli anni 51 52 53 con come piloti Bracco Villoresi e Marzotto.
Enrava nel gruppo della “Scuola Italiana”.
Con un stile preciso e distinguibile, con la maggior parte essere collaboratori e fornitori di molte grandi case sia nazionali che estere, nel periodo in cui l’attività artigianale si trasformò in operosità industriale.
In quell’elenco: Pininfarina, Bertone, Ghia, Touring, Vignale, Zagato e fra quelle allora definiti “minori” Allemano, Boneschi, Ellena, Fissore, Francis Lombardi, Frua, Moretti, Savio, Viotti senza assolutamente dimenticare i tanti stilisti indipendenti. Con quel fondamentale indotto fatto da artigiani, battilastra, carrozzieri, che fu fessenziale per il successo di tutti.
Carrozzeria Vignale, le poche unità lo portarono ad orientarsi sulle fuoriserie.
Auto che derivavano da quelle in produzione con un prezzo di listino che doveva rimanere competitivo, altrimenti il passaggio dalle poche auto prodotte in precedenza ai numeri che il suo stabilimento era capace di produrre non lo avrebbe mai raggiunto.
Gli riusciva quel tragitto nel nuovo stabilimento.
Nei primi anni con una quarantina di autovetture al dì, realizzate seguendo sempre il percorso che partiva (come scrivevo poco sopra) dal grande capannone dove arrivavano i telai e finiva in quello dove il personale ultimava le auto controllandole meticolosamente.
Gli strumenti c’erano come i macchinari ed il personale formato, i pochi battilastra rimasti lavoravano sulla Ferrari per la Principessa Liliana di Rèthy, la Aston per Baldovino del Belgio, una Rolls Royce con telefono Bar Frigo e TV, una Cunningham con motore Chrysler, una convertibile Maserati.
Le commesse fra le più importanti.
La prima quella dalla Cisitalia per la realizzazione di un numero importante di Cabriolet ed alcune Coupè dopo che i numeri richiesti non risultarono più evadibili solo dagli Stabilimenti Farina, commessa che creò qualche problema ad una Carrozzeria agli esordi ma che ovviò contattando alcuni piccoli artigiani riuscendo così a soddisfarla.
Con la Ferrari, arrivando a produrre circa 140 esemplari.
Iniziava con alcune barchette che furono poi acquistate dai campioni Farina, Chinetti, De Portago, Bracco, Schell, Gonzales e Marzotto.
Taruffi ed Ascari su due di quelle Barchette alla Carrera Panamericana nel 1951 si aggiudicarono il primo e il secondo posto.
Su quella che vinse le tre Mille Miglia ho già scritto poco sopra.
Con Lancia le convertibili.
- Appia.
- Fulvia.
Maserati:
- Sebring.
- Mexico.
- Indi a quattro porte.
Per la Fiat: l’elenco fu il più lungo e oltre alla prima auto su base Topolino.
- 600 Chérie Rendez Vous e Sabrina.
- Coupè e spider su base 750 seguite da quelle su 850 con i lamierati parzialmente unificati sino al 1964.
- La Gamine nel1967 su pianale della Fiat 500, che dopo la revoca di un’importante commessa estera creò gravi problemi finanziari alla Carrozzeria Vignale.
Chi acquistava una delle sue utilitarie “diversificate” sapeva di possedere un’auto ben costruita e rifinita.
Nelle foto vediamo alcune sue interpretazioni su base Fiat 600 D della 1300/1500 ed altre, dove credo sia facile notarne le linee allora moderne e senza troppi fronzoli (se non per le carrozzerie bicolore e gli oblò come leggeremo poco sotto), con interni curati ed arricchiti il giusto, realizzate per quei clienti che volevano una fuoriserie senza doversi rovinare.
Fra le caratteristiche che resero famosa la Vignale.
- Le carrozzerie bicolore con la disposizione dei colori scelta di volta in volta senza seguire una logica precisa, spesso con parti delle fiancate “troncate” da colorazioni con contrasti vivaci, cofani con colori più scuri o più chiari rispetto al resto del corpo vettura.
- Gli oblò laterali di chiara ispirazione motonautica che si videro per la prima volta sulla Cisitalia Cabriolet nel 1947.
Vignale, i grandi car designer.
Scelsero sempre di avere due ben distinte divisioni con una per le “berline diversificate” e la seconda per le auto di lusso da modificare seguendo le richieste del facoltoso cliente di turno e definito allora il settore “collaterale”, con la Carrozzeria Vignale collaborarono Michelotti con il quale condivideva l’aver lavorato per gli Stabilimenti Farina, Zanellato (nipote di Vignale) e Vairo che lo sostituirono definitivamente quando il Sg. Alfredo decise di dedicarsi completamente alla gestione della Carrozzeria. Nomi senza alcun dubbio importanti e “necessari” per riuscire a colmare le richieste arrivate negli anni da alcuni marchi importanti come, Lancia, Fiat, Cisitalia, Osca e Maserati, fra gli italiani che gli fornivano i loro telai perché ci montasse delle carrozzerie esclusive per poi venderle direttamente attraverso la loro rete di concessionarie o dei rivenditori di fiducia.
Collaborò anche con marchi esteri come: BMW, Cadillac, Cunningham, Opel, Jensen, Mercedes, Riley, Triumph (ricorderemo la Italia Coupé), per i prototipi con la American Motors, Daihatsu, Matra, Packard, l’argentina Unicar e la Tatra.
1969 moriva Alfredo Vignale a 56 anni.
In un incidente la cui dinamica non è mai stata completamente chiarita, seguiva subito un nuovo riassetto per la Carrozzeria che veniva acquisita dalla Carrozzeria Ghia che faceva già parte delle controllate dal gruppo De Tomaso per conto della Ford Motor Co.
L’attività proseguì sino al 1974 dopo aver prodotto una piccola serie di prototipi, produsse le Maserati Ghibli e Indy, per la De Tomaso le Pantera che dopo anni di un certo successo cominciò a non vendersi più in quei numeri per via di gusti cambiati o per l’incidenza della crisi energetica in corso e che diede il colpo di grazia alla Vignale che il 30 novembre di quell’anno chiudeva i battenti.